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Un Patto per l'urbanistica italiana. In cosa consiste?

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È stato lanciato a Riva del Garda nel corso del trentesimo Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica “Governare la frammentazione” dalla presidente Silvia Viviani

Un Patto, un confronto e una rete per costruire un progetto e una proposta che abbia al centro un’urbanistica che sappia offrire utilità sociale. Il Patto per l’urbanistica italiano è stato lanciato a Riva del Garda nel corso del trentesimo Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica “Governare la frammentazione” dalla presidente Silvia Viviani. Durante la giornata di lavori, dopo la relazione della presidente Inu, si sono alternati i rappresentati degli enti e delle associazioni 'chiamati' a contribuire: i Comuni, le Province, le Regioni, le Comunità montane, gli architetti, gli agronomi, il mondo sindacale, le organizzazioni del commercio e dei costruttori, per citarne alcuni.

Il Patto per l’urbanistica italiana, ha detto Viviani “non è negoziazione né compromesso, richiede impegno, e riuscire a rispondere a un nuovo modello di sviluppo economico e di giustizia sociale. Ladisintermediazione ci ha fatto allontanare anche dal meglio, e la pianificazione non ne è uscita indenne, ha subito il danno di questo processo distruttivo. Chi si occupa di urbanistica deve lavorare in squadra, perché il fine è comune: proteggere l’interesse generale”.

La presidente dell’Inu, richiamandosi al titolo della Rassegna Urbanistica Nazionale che si è svolta negli stessi giorni del Congresso, ha detto che “dobbiamo scegliere dove andare e come farlo, dobbiamo riconoscere il mosaico” delle realtà, dei problemi, delle prospettive, delle proposte che caratterizzano i territori del nostro Paese. Ecco quindi che “il Patto serve per patrimonializzare i risultati e le buone pratiche, andare avanti in modo incrementale, rendere la conoscenza utile”.

Il Patto ricompone la frammentazione disciplinare per un’urbanistica che è tornata al centro dell’attenzione. Urbanistica che affronta questioni come il recupero degli immobili abbandonati, l’accessibilità, le questioni ecologiche, la povertà urbana. Servono strumenti nuovi, perché buona parte di quelli che utilizziamo vengono da un mondo che non c’è più”.  

Sono cinque le parole, che connotano campi d’azione che saranno alla base del programma, su cui si poggia il Patto:
- Garantire, prestazioni urbane inderogabili in tutto il Paese, con al centro la questione degli standard, una frontiera dell’urbanistica che va adeguata alla città contemporanea attraverso categorie che non hanno a che fare solo con l’urbanistica, attraverso l’associazione a caratteristiche qualitative;
- Qualificare, l’urbanistica deve puntare alla riconquista disciplinare di parole come rigenerazione urbana e contenimento del consumo di suolo, che ne sono una componente fondativa, gli orizzonti di un processo indotto da tanti interessi e strumenti che non richiedono né leggi ad hoc né definizioni univoche;
- Attualizzare, ovvero rinnovare e rafforzare la connessione tra programmazione e pianificazione urbanistica;
- Differenziare, per un regionalismo differenziato efficace, equo e non divisivo;
- Democratizzare, che nasce dalla constatazione che l’area vasta è l’anello debole della filiera della pianificazione, e su quello bisogna intervenire, riottenere l’elezione dei presidenti delle Province per ripristinare la legittimità popolare nell’attribuzione delle competenze di pianificazione di area vasta, e corrispondere alle Città metropolitane risorse adeguate per i servizi che fanno capo ad esse.

Il Congresso dell’Inu ha fatto seguito a una giornata dedicata ai seminari paralleli della Rassegna Urbanistica Nazionale. Sedici seminari in cui i rappresentanti degli enti espositori hanno animato il confronto sui temi al centro del dibattito del governo del territorio. Sempre nella stessa giornata il conferimento del Premio Inu, che è stato assegnato all’associazione Libera.