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La missione di Greenpeace: accendere il sole in tutta Italia

Energie rinnovabili di
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L’organizzazione ambientalista è scesa in piazza. “Il Governo sta mettendo in ginocchio l’intero settore delle energie rinnovabili e in particolare quello dei piccoli produttori”

Centinaia di volontari hanno installato simbolicamente nelle piazze italiane dei pannelli fotovoltaici, per chiedere al Governo un impegno concreto in fatto di rinnovabili e ricordare a tutti che l’energia solare è un vantaggio, sia economico che ambientale.

Proprio poco tempo fa, grazie alla campagna “Accendiamo il sole”, l’organizzazione ha raccolto in appena due settimane i fondi necessari a realizzare un impianto fotovoltaico da 40 kW sull’isola di Lampedusa: un impianto che farà risparmiare al Comune circa 200mila euro ed eviterà l’immissione in atmosfera di quasi 300 tonnellate di CO2, l’equivalente di 1 milione di km percorsi in auto.

L’impianto di Lampedusa è parte di un progetto completamente approvato ed autorizzato da oltre un anno, ma bloccato per lungaggini burocratiche. La volontà dei cittadini è stata più forte della politica: grazie al successo del crowdfunding è stato fatto un passo concreto per denunciare l’eccesso di burocrazia, una delle più grandi barriere che ostacolano oggi lo sviluppo delle energie rinnovabili nel nostro Paese.

L’esempio di Lampedusa non è valido solamente per le isole ma, secondo Greenpeace, dovrebbe essere replicato in tutto il Paese, su edifici comunali e scuole, oltre che sui tetti delle case di tutti i cittadini.

La potenzialità dell’energia solare in Italia è enorme
, così come cospicui sono i risparmi in termini economici che si possono ottenere per i cittadini. “Ad oggi, però, il Governo sta mettendo in ginocchio l’intero settore delle energie rinnovabili - denunciano gli ambientalisti -, e in particolare quello dei piccoli produttori, con provvedimenti come la riforma della tariffa elettrica. È ora di compiere una scelta che possa far bene all’ambiente e alle tasche dei cittadini: cosa aspetta il Governo?”.