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A tre anni dal sisma, perché la ricostruzione non decolla?

Antisismica di
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Rete Professioni Tecniche segnala come ancora non si sia riusciti a realizzare una legge quadro sui terremoti che consenta di affrontare questi eventi con maggior rapidità ed efficacia

Sono passati tre anni dall’inizio degli eventi sismici che hanno messo in ginocchio il Centro Italia. E se la prima fase della tragedia ha fatto emergere svariati problemi, questi sono diventati ancora più numerosi nella successiva fase di ricostruzione. In particolare, la Rete Professioni Tecniche segnala come, al momento, ancora non si sia riusciti a realizzare una legge quadro sui terremoti che consenta di affrontare questi eventi con maggiore rapidità ed efficacia, senza dover ogni volta ricominciare da zero.

Va sottolineato che negli ultimi anni le alternanze politiche ed amministrative non hanno facilitato l’attività di ricostruzione, né l’emanazione di norme di carattere generale. Eppure, nonostante queste difficoltà, anche grazie alle proposte e all’attività dei professionisti tecnici, alcuni risultati positivi sono stati ottenuti. In particolare la Rete ha accolto con soddisfazione gli impegni assunti dal Commissario per la ricostruzione, quali ad esempio, le modifiche all’ordinanza sul Durc di congruità. La disponibilità da parte del Commissario ad operare sulla base del principio della sussidiarietà vedrà un forte coinvolgimento delle rappresentanze delle professioni, sia a livello nazionale, che territoriale, in attività quali riunioni dell’osservatorio, ampliamento del comitato scientifico, creazione del comitato tecnico territoriale e così via.

Ma resta ancora molto da fare

Dopo tre anni si registra una totale assenza di visione e di concertazione tra i provvedimenti per la ricostruzione ed il sistema delle aree interne. Mancano strategie, politiche e conseguenti azioni sinergiche che non si limitino alla mera ricostruzione fisica degli edifici (privilegiando, almeno per le opere pubbliche di rilevanza strategica, tecnica ed architettonica e di rigenerazione urbana, il concorso di progettazione aperto, in due gradi), ma puntino alla ricreazione di un sistema socio-economico. Un sistema in grado di costituire il vero motore della ricostruzione per trattenere le popolazioni che ancora resistono a rimanere, ma anche per incentivare il rientro dei molti che se ne sono andati sulla costa generando un doppio problema di spopolamento delle aree interne e di eccessiva densità demografica delle aree costiere, in particolare in relazione ai già scarsi servizi esistenti”.

Serve una lucida visione di quello che saranno questi territori nei prossimi 20-30 anni a livello demografico, paesaggistico, economico e culturale, esaltandone le peculiarità storiche, ambientali, turistiche ed enogastronomiche. Il persistere di questa intollerabile situazione di “sospensione” porterà a danni ben superiori a quelli causati dal sisma: buona parte della popolazione ha già abbandonato i territori, l’economia è in caduta libera, le imprese non possono avviare i lavori perché le regole della ricostruzione post-sisma sono caratterizzate da normative troppo complesse, non in grado di funzionare, mentre i professionisti tecnici impegnati nella ricostruzione sono, di fatto, costretti a diventare essi banca che eroga prestiti, anticipando i costi delle proprie prestazioni, con crediti maturati per oltre 100 milioni di euro

Una questione quest’ultima che va risolta al più presto, come riconosciuto anche dal Commissario: si tratta, infatti, di una cifra significativa che risolleverebbe nell’immediato, e in parte, la situazione economica dei professionisti, oltre il 90% dei quali proviene proprio dalle aree colpite dal sisma”.

Per queste ragioni la Rete Professioni Tecniche desidera richiamare le forze politiche che saranno impegnate nella guida del Paese nei prossimi mesi affinché inseriscano con convinzione nei loro programmi e nei relativi finanziamenti il tema della ricostruzione.