Appalto privato: non sufficiente la generica contestazione delle difformità rilevate

Edilizia di Marco Zibetti
La Corte di Cassazione ha stabilito che il committente deve effettuare una denuncia che contenga almeno una sintetica indicazione dei difetti riscontrati


In tema di appalto di lavori privati il committente, che terminati i lavori, voglia contestare all’appaltatore, ai sensi dell’art. 1667 del codice civile, la presenza di vizi o difformità non può limitarsi ad una generica contestazione (es. “contesto… qualità “lavori eseguiti”..).

Così hanno affermato i giudici della II sez. civ. della Corte di Cassazione  (sentenza n. 25433 del 12/11/2013) che hanno rilevato altresì come quand’anche l’appaltatore dovesse in qualche modo fornire una risposta a tale generica contestazione questa non avrebbe, comunque, alcuna valenza ricognitiva non essendo ipotizzabile una ricognizione di fatti incerti ed indeterminati ai fini dell’assunzione di un impegno giuridico.

Il committente che voglia quindi avvalersi della garanzia per vizi e difformità prevista dal codice civile deve effettuare una denuncia che contenga almeno una sintetica indicazione dei difetti. In base all’art. 1667 del cod. civ., infatti, l’appaltatore risponde per difformità e vizi occulti dell’opera se il committente li denuncia entro 60 giorni dalla scoperta a pena di decadenza.

A seguito della denuncia, entro il termine di prescrizione di due anni dal giorno della consegna definitiva dell’opera il committente deve proporre azione giudiziale ovvero ( se non intende agire immediatamente in giudizio) compiere atti idonei a interrompere la prescrizione.


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