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Approvazione definitiva dell’abolizione dell’Ici

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Lo scorso 17 luglio, il Senato ha approvato il Decreto Legge del 27 maggio che introduce novità sull’Ici e sui mutui

Il Senato, nella seduta di giovedì 17 luglio, con 150 voti favorevoli, 120 contrari e 2 astenuti ha approvato in via definitiva il Decreto Legge 93 del 27 maggio 2008 nella versione fatta passare alla Camera attraverso il voto della fiducia.

All’interno del testo, oltre alla parte relativa all’alleggerimento del prelievo fiscale su straordinari e premi di produttività, alcune novità riguardano anche l’abolizione dell’Ici sulla prima casa e la possibilità di rinegoziare i mutui allungando la scadenza.

L’abolizione dell’Ici sull’abitazione principale si ripercuoterà sfavorevolmente sugli enti locali. Per far fronte alla perdita di circa 1,7 miliardi di gettito fiscale, il provvedimento prevede un piano di rimborso per i Comuni attraverso un fondo istituito appositamente e inserito nel bilancio del Ministero dell'Interno.

Proprio il Ministro dell'Interno, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, è chiamato a emanare il decreto per l'erogazione del rimborso, "secondo principi che tengano conto dell'efficienza nella riscossione dell'imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l'esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni."

Come si sa, rimangono escluse dal taglio dell'Ici le abitazioni signorili(categoria A1), le ville(categoria A8) e i castelli(categoria A9).

Il provvedimento, inoltre, introduce un nuovo comma (per la precisione il 6-bis) che alleggerisce gli adempimenti dei proprietari nella fase di prima applicazione della legge.
Infatti, non saranno applicate sanzioni "nei casi di omesso o insufficiente versamento della prima rata dell'imposta comunale sugli immobili, relativa all'anno 2008", a patto che il contribuente versi l'importo entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 93/2008.

Il testo, inoltre, definisce alcuni concetti chiave legati alla nozione di abitazione principale. Il concetto di unità immobiliare adibita a dimora abituale del contribuente si riferisce ad alcune precise tipologie di immobili, tra cui quelli delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibiti ad abitazione principale dai soci assegnatari, gli immobili degli Iacp regolarmente assegnati, l'ex casa coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato.

Nell’ultimo caso citato, l'equiparazione prevista in favore del coniuge non assegnatario vale purché lo stesso non possieda l'abitazione principale nello stesso comune dove è ubicata l'ex casa coniugale.

La misura contenuta del testo di conversione del Decreto Legge include anche gli immobili che i regolamenti comunali o le loro delibere assimilano ad abitazioni principali, tra cui le case possedute a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscano la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che le abitazioni non risultino locate.

Inoltre, resta ferma la possibilità per i Comuni di considerare come abitazioni principali quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela.

Per quanto riguarda il tema dei mutui, il provvedimento introduce la possibilità di rinegoziare quelli contratti per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale. I criteri della negoziazione sono definiti con una convenzione ad hoc tra Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Associazione Bancaria Italiana (Abi), nella quale, come stabilisce la legge, è prevista la possibilità che ciascuna banca sia libera di adottare "eventuali condizioni migliorative" per i propri clienti, dandone loro puntuale informazione. Resta comunque ferma l'opzione di portabilità del mutuo.

In particolare, si possono rinegoziare i mutui trasformando la rata da variabile a fissa con i tassi applicati nel 2006, al fine di ridurre l'importo delle rate. La differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano originario di ammortamento e quello risultante dalla rinegoziazione è infatti addebitata su un conto di finanziamento accessorio al tasso che si ottiene in base all'Irs a 10 anni, alla data di rinegoziazione, "maggiorabile fino a un massimo di uno spread dello 0,50 per cento annuo".