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Decreto Legge sulle liberalizzazioni: le proposte di Confprofessioni

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Non del tutto condivisibili appaiono quelle norme che, seppure nell’intento di favorire l’esercizio delle attività professionali in forme più moderne, disciplinano le società di capitali tra professionisti


Il decreto legge sulle liberalizzazioni lascia irrisolte alcune questioni centrali per l’assetto competitivo delle libere professioni.

Sotto il profilo generale appaiono condivisibili le norme dirette a regolare l’accesso alle professioni ed a favorire i percorsi di formazione continua e di specializzazione, nonché a ridisegnare gli ordinamenti professionali, riconducendo le funzioni degli Ordini al controllo sul legittimo e corretto esercizio delle attività professionali nel rispetto delle norme deontologiche poste a presidio di ogni professione e distinguendo precisamente tali funzioni da quelle di rappresentanza degli interessi di categoria che devono essere svolte dalle organizzazioni di natura sindacale.

Non del tutto condivisibili, invece, appaiono quelle norme che, seppure nel dichiarato intento di favorire l’esercizio delle attività professionali in forme più moderne, disciplinano le società di capitali tra professionisti (art. 10 Legge 183/2011). Altrettanto non condivisibile è la norma che attribuisce ai Consigli Nazionali degli Ordini la facoltà di negoziare le condizioni generali delle polizze assicurative dei professionisti risulta restrittiva rispetto alle regole del libero mercato e potrebbe rivelarsi penalizzante per gli iscritti a un albo.

Per la stessa ragione, non si comprende l’attribuzione agli ordini professionali della predisposizione dei percorsi di aggiornamento, formazione e specializzazione dei professionisti. Ancora una volta, si trasferisce in capo a un unico soggetto il compito di stabilire le attività oggetto di formazione, selezionare i soggetti attuatori, realizzare i corsi e misurarne il risultato”.

Sono questi alcuni passaggi centrali della relazione del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, davanti alla Commissione Industria del Senato che martedì 7 febbraio ha convocato la Confederazione italiana libere professioni, insieme ad altre categorie, per raccogliere proposte e pareri in merito al decreto legge sulle liberalizzazioni.

La relazione consegnata al presidente Cesare Cursi dal presidente Stella mette in rilievo le principali criticità delle diverse manovre che a partire dallo scorso agosto, con il famoso decreto di Ferragosto, fino al dl liberalizzazioni approvato dal Consiglio dei ministri il 24 gennaio scorso, hanno coinvolto i liberi professionisti. E numerose e ben articolate sono, infatti, le proposte di modifica avanzate da Confprofessioni in Commissione Industria.

Sul fronte delle società di capitali tra professionisti, Stella ha sottolineato come la norma “dovrebbe prevedere un apporto di capitale di soci non professionisti non maggioritario e, comunque, attribuire la governance di dette società esclusivamente ai soci professionisti, al fine di salvaguardare la necessaria indipendenza e autonomia dei professionisti”.

Centrale anche il capitolo riferito alle polizze assicurative dei professionisti che dovrebbero, secondo Confprofessioni, lasciare la negoziazione delle condizioni di polizza alla “discrezionalità dei professionisti e alle libere associazioni o Confederazioni professionali titolate alla tutela degli interessi dei professionisti”.

In materia di formazione professionale Stella ha suggerito che “i Consigli nazionali degli ordini si limitino a fissare i requisiti minimi dei corsi di formazione, uniformi sul territorio nazionale, affermando il principio della libertà di formazione. Tale impostazione, da un lato, permetterebbe ai professionisti di scegliere liberamente sul mercato i percorsi formativi più idonei alla loro preparazione professionale; dall’altro, stimolerebbe il gioco concorrenziale rispetto ad altri organizzatori di eventi formativi”.

Anche sul tirocinio professionale sarebbe auspicabile un’armonizzazione con le disposizioni già introdotte nel nuovo Testo unico sull’apprendistato, in particolare con le misure previste per l’apprendistato di ricerca e di alta formazione, che hanno disciplinato un inquadramento contrattuale e tutele di welfare per i giovani praticanti.

Secondo il presidente di Confprofessioni è giusta la limitazione temporale del periodo di tirocinio, ma “irrisolto il diritto del praticante ad un “equo compenso” nel periodo svolto all’interno degli studi professionali e commisurato al suo concreto apporto”.