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Edificabilità: da cosa dipende? La sentenza della Cassazione

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Edificabilità: da cosa dipende? La sentenza della Cassazione
Vediamo come la Cassazione definisce l’edificabilità ai fini della plusvalenza: conta l’inserimento nel piano regolatore, oppure l’approvazione regionale?

Capire quando un terreno è davvero edificabile è fondamentale per chiunque si muova nel mercato immobiliare, soprattutto quando entra in gioco la tassazione delle plusvalenze. La recente ordinanza n. 17198 del 26 giugno 2025 della Corte di cassazione ribadisce un concetto chiave: l’edificabilità di un’area non dipende dall’approvazione della Regione o dagli strumenti attuativi del piano regolatore, ma dal semplice inserimento del terreno nello strumento urbanistico generale adottato dal Comune.
Secondo l’articolo 67, lettera b), del Tuir (Dpr 917/1986), costituiscono redditi diversi le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili acquistati o costruiti da meno di cinque anni, con alcune eccezioni, e dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria. Per questi ultimi, la plusvalenza sorge a prescindere dal tempo trascorso tra acquisto e vendita.

Edificabilità: il caso al centro della sentenza

Il caso esaminato nasce da un avviso di accertamento emesso dall’Ufficio contro una contribuente, accusata di non aver dichiarato la plusvalenza relativa alla vendita di un terreno inserito nel piano regolatore come edificabile. La contribuente sosteneva che l’area, destinata al completamento di un’opera pubblica, non potesse avere finalità edilizie private.
Dopo che la Ctp di Reggio Calabria aveva confermato la debenza, rideterminando però l’importo, anche la Ctr aveva respinto l’appello. La Cassazione ha quindi ribadito che “…un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi”.
Richiamando un consolidato orientamento (tra cui Cass. 25505/2006, 1286/2015 e 27929/2024), i giudici hanno sottolineato come l’adozione del piano urbanistico attribuisca al bene una qualità percepita come difficilmente reversibile, generando un immediato effetto sul valore venale dell’area. Non rileva, dunque, l’effettiva possibilità di utilizzo edilizio né la destinazione agricola locale.
In conclusione, la Corte ha confermato che, per stabilire l’obbligo di tassazione della plusvalenza, è sufficiente il riferimento al piano regolatore generale del Comune. Per la contribuente, ciò ha significato la definitiva conferma della legittimità dell’accertamento.