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Il ritardo italiano sul fronte delle infrastrutture

Lavori pubblici di
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Le risorse per investimenti non vengono spese e così il nostro Paese resta indietro. Confartigianato snocciola i numeri e fa il punto di questa situazione

Il ritardo accumulato dall’Italia nella spesa per investimenti espone le imprese italiane ad un gap di competitività relativo alla dotazione infrastrutturale, che un'analisi di Confartigianato, pubblicata nei giorni scorsi, ha indicato pari al 19,5%.

L’esame dei dati messi a disposizione nel rapporto sulle economie regionali di Banca d’Italia evidenzia che le decisioni di investimento relative alla realizzazione di lavori pubblici delle Amministrazioni locali siano scese del 30,2% tra il 2011 e il 2016; la riduzione è stata meno marcata nel Nord Est (-12,3%) e superiore alla media nel Mezzogiorno (-40,6%), aggravando il ritardo infrastrutturale delle regioni meridionali. Il report indica che “dati preliminari riferiti al 2017 mostrano però un recupero in linea con quanto già registrato dall’Autorità nazionale anticorruzione”.

Nel periodo in esame la spesa per fabbricati non residenziali, opere stradali e altre opere del genio civile delle Amministrazioni locali è scesa di 3.774 milioni di euro.

Il 78% delle decisioni di investimento in lavori pubblici si riferisce ai Comuni, il 9,5% a Province e Città metropolitane, il 5,7% a Regioni ed ASL e il 6,8% ad Altre amministrazioni; contrazioni più accentuate della media si riscontrano per Province e Città metropolitane (-41,6%) e Regioni ed ASL (-41,4%). La riduzione osservata per i Comuni è stata meno accentuata nel Nord Est (-7,7%) e molto più ampia nel Mezzogiorno (-39,0%). Maggiori cali per le Amministrazioni comunali di piccole dimensioni.

Per tipologia di intervento, si osserva una caduta del 48,4% per le opere di nuova realizzazione, che arriva al -59,9% nel Mezzogiorno, ed un calo del 26,4% dei lavori di manutenzione, recupero e ristrutturazione, che riguardano i due terzi (67,7%) delle decisioni.

Nel Centro Nord la flessione è stata più marcata per le opere ambientali ed energetiche (concentrate nella gestione delle acque), mentre nel Mezzogiorno è risultata più rilevante per le infrastrutture di trasporto, prevalentemente strade. La contrazione è stata particolarmente accentuata tra i progetti di minore importo, che interessano maggiormente le piccole imprese e quelle artigiane: i lavori entro 100 mila euro scendono del 37,8% (oltre sette punti rispetto alla media) e la caduta più ampia è nel Mezzogiorno (-55,7%).

La caduta della domanda pubblica ha determinato effetti pesanti sull’occupazione nella filiera dell’edilizia. In questi settori (costruzioni, indotto manifatturiero e servizi all’edilizia), tra il 2012 e il 2016, si sono persi 296 mila occupati, con un calo dell’11,8%. Calo più ampio per il settore delle costruzioni, che vede ridursi l’occupazione del 14,8%, un ritmo doppio rispetto al -7,0% dell’indotto.

In chiave territoriale nel quadriennio in esame l’occupazione della filiera casa ha registrato una flessione più ampia per la Sardegna (-19,5%), Sicilia (-17,4%), Molise (-17,1%), Marche (-15,4%), Valle d’Aosta (-15,3%) e Umbria (-15,2%).