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ITALIAN PV SUMMIT: appello per un progetto comune di sviluppo

Energie rinnovabili di
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Cooperazione, internazionalizzazione attiva, ricerca, design per un progetto di lungo periodo. Queste possono essere le nuove strategie dell’industria italiana per restare competitiva sul mercato del fotovoltaico internazionale

Superare il campanilismo storico delle imprese italiane di fronte alla impetuosa internazionalizzazione del fotovoltaico e pensare a un progetto comune dell’industria nazionale per la sua competitività nel medio periodo. Questo è in sintesi l’appello lanciato da Arturo Lorenzoni, dell’Università di Padova, nel corso della seconda giornata dell’Italian PV Summit che si svolge a Verona e organizzato da Solarexpo.

“Probabilmente nei prossimi mesi il settore fotovoltaico sarà sconvolto da una tempesta che una parte dell’industria nazionale non è pronta ad affrontare, perché non sufficientemente attrezzata”, ha detto Lorenzoni, facendo il punto sulle sfide del comparto fotovoltaico italiano.

“L’industria del fotovoltaico in Italia esiste, e questo non è un fatto scontato – ha detto Lorenzoni – ma è sotto assedio, un assedio armato, da parte dell’Università, del mondo confindustriale e dalla concorrenza estera. Per questo il settore è chiamato a dare delle risposte immediate”.

Lorenzoni ha messo in evidenza che il settore manifatturiero tradizionale italiano sta rispondendo in maniera significativa in termini di diversificazione, mettendo sul mercato esempi di eccellenze, ma questo può non bastare. Gert Gremes presidente del Gifi (Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane), aveva posto due questioni fondamentali per lo sviluppo del settore nazionale: l’internazionalizzazione e una nuova dimensione aziendale: “servono aziende più grandi e maggiore cooperazione, al limite anche fusioni tra aziende italiane”, aveva detto Gremes.

Quando si parla di internazionalizzazione si vuole mettere in evidenza che questa non deve essere passiva: “non è possibile continuare a veder comprare le nostre aziende da compagnie straniere. Il nostro paese deve trovare le risorse per un’internazionalizzazione ‘attiva’, possibilmente non di singole aziende isolate, ma attraverso un sistema che si muove compatto nella stessa direzione. E’ solo così che si diventa forti all’esterno”, ha chiarito Lorenzoni.

Poiché è troppo difficile competere con le aziende straniere che in poco tempo riescono a mettere sul mercato oltre di 1 GW, anche con decisi sostegni pubblici e privati, l’industria FV italiana dovrà trovare altri fronti di intervento per la sua competitività. Uno degli elementi chiave diventa la ricerca.

“La tecnologia fotovoltaica che installeremo tra 5 o 10 anni probabilmente avrà poco a che fare con il silicio cristallino, una tecnologia ottima, ma che non permette costi di investimento che siano un quarto o un quinto di quelli attuali”, spiega Lorenzoni. “Per questo motivo – continua il professore dell’Università di Padova – è indispensabile trovare forme di collaborazione anche sul fronte della ricerca”. “Mettiamoci insieme e cerchiamo di individuare strategie comuni a livello industriale” è il suo appello.

Il messaggio che esce dalla Conferenza è chiaro: il settore deve fornire decisioni pronte al gestore pubblico che è spaventato dalla gestione del mercato nel 2011, ma soprattutto serve un progetto industriale che vada ben oltre questa data e che sia attraente per il paese.
Una sfida ragionevole perché questa industria offra ricadute importanti sul piano sociale e occupazionale e soprattutto per quanto concerne la stessa sopravvivenza della nostra industria manifatturiera.

Lorenzoni auspica che il nostro paese diventi anche leader mondiale di un nuovo ‘design fotovoltaico’, frutto della creatività made in Italy e in sintonia con l’ambiente costruito. Un processo di ricerca e innovazione fattibile perché “le risorse economiche ci sarebbero, anche più di quelle necessarie, come i fondi strutturali europei POR e POIN che con fatica si assegnano alla ricerca nel fotovoltaico e nelle rinnovabili”, ha concluso.