Mentre la Legge di Bilancio 2026 entra nel vivo del dibattito parlamentare, dal mondo delle costruzioni arriva un segnale d’allarme che non può passare inosservato. L’Ance mette in guardia: senza misure efficaci contro il caro materiali, una parte significativa dei cantieri pubblici italiani potrebbe trovarsi sull’orlo del collasso, con ricadute pesanti su crescita ed occupazione.
La presidente Federica Brancaccio, intervenendo al Senato, ha ricordato come “i prezzi restino superiori del 30-40% rispetto a quelli di gara”, aggravati da tensioni internazionali e da una crescente incertezza economica. Una situazione resa ancora più critica dal fatto che circa il 70% dei cantieri, molti dei quali avviati prima della pandemia, non può usufruire della revisione prezzi introdotta dal nuovo Codice Appalti.
Da qui la richiesta dell’Associazione di rifinanziare e prorogare fino al 2026 la misura contro il caro materiali. Secondo le stime dell’Ance, servono 2,5 miliardi di euro solo per coprire i lavori già eseguiti e quelli in corso entro la fine del 2025. “È un passaggio decisivo - ha sottolineato Brancaccio - per garantire il completamento delle opere legate al Pnrr e la continuità degli investimenti pubblici”.
Legge di Bilancio: gli altri temi al centro del dibattito
L’Ance accoglie positivamente anche il contributo aggiuntivo previsto dal Decreto Legge Anticipi, che assicura maggiore stabilità agli investimenti infrastrutturali in ambito ferroviario e stradale. Tuttavia, la presidente segnala una criticità: il divieto di utilizzare i crediti d’imposta per compensare i versamenti previdenziali e assicurativi. Una misura, sostiene, “incoerente con la permanenza di altri incentivi e penalizzante per le imprese che hanno scelto di non cedere i propri crediti”.
Sul fronte della sicurezza del territorio, l’Ance valuta positivamente la creazione del Fondo da 350 milioni di euro destinato alla prevenzione dei rischi naturali, ma sottolinea la necessità di un approccio più strutturale: “Negli ultimi quindici anni la spesa per il dissesto idrogeologico è triplicata - ricorda Brancaccio - segno che la prevenzione non può più essere rimandata”.
Apprezzamento anche per gli stanziamenti legati al Piano Casa nazionale. Tuttavia, l’Associazione chiede una governance più efficace e piani pluriennali che rendano le misure realmente operative. La crisi abitativa, aggiunge, “è una delle emergenze più gravi”, e il Fondo sociale per il clima (con 3 miliardi destinati al disagio abitativo) può rappresentare un punto di partenza per un piano più ampio, capace di coinvolgere anche il ceto medio e favorire l’accesso alla casa.
In chiusura, l’Ance ribadisce l’urgenza di una visione coordinata tra ministeri, Regioni e Comuni. Solo così, conclude la presidente, sarà possibile “trasformare le risorse in opportunità concrete per il Paese”.
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