Il Ministero dello Sviluppo Economico ha inviato alla Commissione UE il documento di consultazione sul riesame dello “SBA - Small Business Act”, il principale strumento europeo di misure e interventi per le piccole e medie imprese.
Nell'elaborato la Direzione generale piccole e medie imprese del Ministero tra l‟altro ha prospettato la creazione di “SBA regionali", date le peculiarità territoriali delle PMI non solo in Italia ma in tutta Europa; e l’introduzione di un ”Contratto di Rete Europeo", sul modello italiano, per favorire le relazioni tra le PMI dell'Unione Europea e diffondere la "cultura della rete" presso le piccole imprese ed imprese artigiane, in quanto permane il problema di tipo culturale e di percezione di convenienza a partecipare ad una rete da parte di una piccola impresa.
«Il riesame intrapreso ha tre obiettivi: fare il punto degli sviluppi registrati nell'attuazione dello SBA», ha spiegato Piero Antonio Cinti, direttore generale piccole e medie imprese del Ministero dello Sviluppo Economico.
E ancora, «correlare lo stesso SBA con la nuova agenda politica della Commissione, "Europa 2020", inserendo nuove azioni facenti capo ai dieci principi; valutare attentamente il processo di attuazione e le questioni di governance per incoraggiare gli Stati membri a tener fede ai loro impegni attuando azioni concrete a favore delle PMI e di migliorare gli strumenti per la raccolta di informazioni e il monitoraggio dell'attuazione dello SBA negli Stati membri».
Particolare attenzione, ha aggiunto Cinti, andrà inoltre posta al rilancio del venture capital come fattore di sviluppo per le PMI: «in Italia tale attività finanziario-imprenditoriale non è molto sviluppata rispetto al resto dell'Europa che, a sua volta, presenta un certo ritardo nei confronti degli USA».
Come ha spiegato il direttore generale, «questo è l'effetto soprattutto della mancanza, da un lato, di una cultura finanziaria presso le PMI che consideri forme alternative al capitale di debito (in particolare nel Sud dell'Italia, dove è destinato solo il 4% degli investimenti di venture capital) e, dall'altro, di una infrastruttura finanziaria ancora troppo distante dalle esigenze del tessuto d'impresa del nostro Paese».