C’è una questione che oggi domina il dibattito sulle opere pubbliche: cosa succederà quando la spinta del PNRR si esaurirà? Molti territori hanno trovato nel Piano una spinta senza precedenti, ma ora la domanda è una sola: riusciremo a mantenere viva questa macchina di investimenti? È proprio da qui che parte l’intervento del presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, che invita a non disperdere un patrimonio di progettazione e competenze che sta trasformando città e aree vaste del Paese.
Parlando all’evento “Infrastruttura Ventisei - L’ultimo miglio del PNRR”, Manfredi ha ricordato come il Piano abbia mostrato “come una politica di investimento pubblica, saggia, oculata e consistente può cambiare volto al Paese”. Ha sottolineato che il lavoro congiunto su progetti verticali e integrazioni orizzontali ha permesso interventi che stanno ridisegnando interi territori. Ma l’incertezza post-2026 pesa, tanto da spingere l’Anci a chiedere al governo un tavolo di confronto per definire priorità e continuità.
Il presidente dell’Anci sul futuro delle opere pubbliche
Per il presidente, una strada obbligata è l’utilizzo pieno delle risorse europee, “con il fondo di sviluppo e coesione”, pur riconoscendo la necessità che l’Europa “investa di più sulle infrastrutture, perché significa crescita e coesione sociale”. Accanto ai fondi comunitari, Manfredi avverte però che servono risorse nazionali stabili: molti piani pluriennali sono oggi bloccati, dai finanziamenti per i piccoli Comuni ai programmi di riqualificazione urbana e ai fondi per la mobilità. Riattivarli, insiste, è indispensabile perché la filiera della progettazione richiede tempi lunghi.
C’è poi un nodo particolarmente critico: la gestione delle infrastrutture già realizzate. “I costi non possono gravare sugli utenti”, ha ribadito, ricordando che soprattutto nel trasporto pubblico rischiamo di avere opere nuove, ma servizi insostenibili senza un adeguato sostegno economico.
Guardando al metodo PNRR, Manfredi ha definito l’esperienza “molto positiva”, sia per il finanziamento diretto ai Comuni, che ha ridotto passaggi burocratici spesso inutili, sia per la collaborazione concreta tra Anci, ministeri ed enti locali. Fondamentale anche l’impostazione rigorosa basata su tempi e target: una rivoluzione culturale in un Paese dove le infrastrutture, ha ricordato, “sono vecchie quando si inaugurano” perché realizzate in decenni invece che in pochi anni.
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