Acquistare due immobili con le agevolazioni “Prima Casa” e poi non unirli davvero può costare caro. Soprattutto se si pensa che, dopo tre anni, il Fisco non possa più intervenire. La Corte di Cassazione chiarisce che non è così: l’Amministrazione ha tempo fino a sei anni per revocare i benefici, se l’unificazione promessa non viene realizzata. Ecco cosa succede quando l’impegno preso all’atto di acquisto non si traduce in realtà.
Con l’ordinanza n. 15422 del 10 giugno 2025, la Suprema Corte ha confermato che in caso di acquisto di due abitazioni con l’intento dichiarato di unirle in una sola, il termine triennale per i controlli inizia dopo tre anni dalla registrazione, ovvero quando scade il periodo entro cui il contribuente avrebbe dovuto unificare i due immobili.
Prima Casa e unità da unire: il caso esaminato
Nel caso esaminato, il contribuente aveva usufruito dell’imposta ridotta su due unità immobiliari, dichiarando di volerle accorpare. Ma non ha rispettato l’impegno. L’Amministrazione ha quindi revocato le agevolazioni per uno degli immobili e ricalcolato la base imponibile, applicando il coefficiente ordinario (126) anziché quello agevolato (115,5).
Il contribuente ha provato a opporsi, sostenendo che l’avviso fosse tardivo, cioè oltre tre anni dalla registrazione dell’atto. Ma i giudici tributari, prima regionali e poi di legittimità, hanno respinto questa tesi. La Cassazione ha richiamato un orientamento consolidato: se il beneficio dipende da una condizione da realizzare nel tempo, i controlli possono scattare solo dopo la scadenza del termine utile per realizzarla.
Il triennio per contestare la decadenza, quindi, inizia a decorrere dal momento in cui l’inadempienza diventa certa, cioè dallo scadere dei tre anni concessi per l’unificazione.
Inoltre, è stato chiarito che il termine biennale, previsto dall’articolo 76 del Tur per la rettifica del valore venale, non si applica in questo caso. L’Ufficio non ha rideterminato il valore di mercato dell’immobile, ma ha solo ricalcolato il valore catastale in base al coefficiente previsto per chi non ha diritto all’agevolazione “Prima Casa”.
Il ricorso è stato infine respinto, confermando la piena legittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria.