1. Home
  2. Notizie e Mercato
  3. Roberto Bortolotti, l’architetto delle “terre alte”

Roberto Bortolotti, l’architetto delle “terre alte”

Professione di
5/5
votato da 1 persone
Intervista: Roberto Bortolotti, progettista dello Stadio del Fondo di Tesero per i Mondiali di sci nordico del 2013, ci racconta il suo punto di vista su una professione in cerca di un nuovo futuro


Roberto Bortolotti, progettista dello Stadio del Fondo di Tesero (Tn) per i Mondiali di sci nordico del 2013, ci racconta il suo punto di vista su una professione in cerca di un nuovo futuro.

 -Lei spazia dall’architettura all’urbanistica passando per l’impegno istituzionale nell’Ordine degli Architetti di Trento e nelle commissioni edilizie di molti Comuni della sua regione e per le collaborazioni giornalistiche con il Corriere del Trentino. Può riassumere sinteticamente per i nostri lettori come si è sviluppata la sua quasi quarantennale attività professionale?

Mi sono laureato nel 1975 allo IUAV di Venezia con Carlo Aymonino. Ho subito iniziato la professione fondando ARcoop - cooperativa di architettura ed urbanistica - con lavori di pianificazione urbanistica  e di edilizia pubblica per i comuni del Trentino.  Ho sempre privilegiato il lavoro collettivo anche nella trasformazione della cooperativa in studio associato. Mi è sempre interessata la pianificazione territoriale, soprattutto attuativa, e l’edilizia pubblica. Dai primi anni Ottanta ho iniziato una frequentazione e collaborazione con alcuni architetti spagnoli, fra tutti Josè Ignacio Biurrun, che mi ha molto influenzato ed arricchito sia sotto il profilo professionale che nello sviluppo della progettazione architettonica. Negli anni lo studio ha sviluppato numerosissimi piani e progetti, dalla casa unifamiliare al quartiere residenziale, ponendo in tutti la medesima cura e la ricerca di una forma sensata ai progetti. L’impegno istituzionale e nelle varie commissioni mi ha portato soprattutto a comprendere le ragioni dell’altro, ad essere aperto al trasformarsi della professione, a capire ed apprezzare i giovani.  La bellezza della nostra professione, la concretezza dei temi che affrontiamo, continuano a darmi la speranza di un futuro migliore.

-In che misura il suo “essere trentino” - e in particolare originario della Val di Fiemme, culla della cura e della lavorazione del legno - ha influenzato il suo modo di concepire l’architettura e l’urbanistica?


Sono stato sempre molto attaccato alle mie origini valligiane ed onorato quando sono stato chiamato a svolgere piani e progetti per la Val di Fiemme. Un architetto delle “terre alte” è naturalmente influenzato dal luogo. Progettare in montagna è più difficile. Deve confrontarti con il paesaggio, con la delimitazione dello spazio, con la dimensione dei paesi, con una skyline importante. Le montagne sono barriere naturali ma anche  buoni osservatori. Bisogna salirci per vedere il resto, oppure bisogna allontanarsi per vedere quanto sono grandi. Come diceva Calvino, solo allontanandosi dalla città si vedono quanto sono alte le sue torri. Insomma, le montagne mi indicano sempre di fare qualcosa. Paradossalmente, per me, le montagne sono dinamiche.

-I dati di una recente ricerca ci dicono che il consumo del suolo in Italia è cresciuto a una media di 8 metri quadri al secondo, attestandosi al 6,9% nel 2010. Da urbanista come giudica questo inquietante primato italiano e come pensa si possa attuare un’inversione di questa tendenza?

Il consumo di suolo in Italia è insensato come è insensata la società dei consumi. È però possibile pensare un diverso uso del suolo già urbanizzato e dismesso. Abbiamo centinaia di milioni di metri cubi inutilizzati da riciclare o da demolire. Il tutto è però condizionato da un’ingorda e dissennata valorizzazione della rendita fondiaria. Senza una diversa regolazione della rendita non è possibile pensare ad un diverso sviluppo delle città. Se si vuole una città diversa, se si vuole salvaguardare ciò che resta del nostro paesaggio è indispensabile colpire la rendita fondiaria per determinare prezzi diversi del prodotto finale d’architettura. Diversamente continueremo a divorare territorio senza senso. Il territorio è la nostra più grande ricchezza. Il nostro vero sviluppo consiste nell’usarlo molto, nel consumarlo poco, nel preservarlo perché i nostri figli lo usino molto, lo consumino poco e lo preservino perché i loro figli lo usino molto, lo consumino poco... Insomma lo sviluppo di ogni territorio si misura sulla capacità di dare futuro.

-Il legno è stato definito come una sorta di “oro verde” per le sue caratteristiche di sostenibilità e di rinnovabilità. Come giudica il crescente interesse per la materia legno in edilizia?


In Trentino il legno è sempre stato storicamente un materiale da costruzione importante. Solo dagli anni Settanta lo si è parzialmente abbandonato. Il suo ritorno non può essere che gradito  e da apprezzare perché, a parte le sue caratteristiche di sostenibilità e rinnovabilità, esprime anche quelle di durevolezza, prefabbricabilità e velocità di montaggio. Ciò che mi colpisce in questo rinnovato interesse è la ricerca di nuove possibilità tecnologiche non solo strutturali. È un materiale ed una tecnologia che sembra rigida ma non lo è. L’edificio Tv per lo Stadio del Fondo di Lago di Tesero lo dimostra. È un edificio inclinato con pianta curva realizzato interamente in legno strutturale con pannelli X-Lam. Credo che con questa realizzazione si sia dimostrata la flessibilità possibile nelle costruzioni in legno.

-Il suo progetto dello Stadio del Fondo del lago di Tesero per i Mondiali di sci nordico del 2013 è stato certificato Pefc. Ce ne può illustrare le caratteristiche principali?

Gli interventi previsti nello Stadio del Fondo per i Mondiali di sci nordico 2013 hanno riguardato quattro settori. In primo luogo la costruzione di un grande interrato per ospitare Eurovisione. Sopra di esso un nuovo edificio interamente in legno per ospitare i commentatori televisivi. A valle un edificio che ospita la nuova sala stampa. Infine la riorganizzazione degli accessi pedonali e dell’ufficio gare.

Tutto il legno sia strutturale che di rivestimento proveniva da foreste locali della Magnifica Comunità di Fiemme certificate Pefc. L’aspetto interessante  e complesso dell’intervento, oltre alla sua sostenibilità, è quello relativo alle destinazioni d’uso future. Non si può pensare di erigere edifici stabili solo per un evento ancorchè mondiale. Tutte le nuove costruzioni hanno pertanto una doppia funzione: l’edificio Tv è anche un ostello della gioventù, la sala stampa diventerà la sala comunale per la danza, ed il garage interrato il magazzino comunale. Questa doppia funzione ha reso estremamente complessa la progettazione esecutiva e la direzione dei lavori. Ma mi pare che il risultato sia stato raggiunto.

-Come accennato all’inizio, lei ha ricoperto dal 2001 al 2005 la presidenza dell’Ordine degli Architetti di Trento. Da questo osservatorio istituzionale come giudica l’evolversi della professione in relazione alle tematiche sempre più attuali della sostenibilità e della difesa dell’ambiente?

Potrei cavarmela con una battuta: “Dall’architetto si pretende ormai che conservi tutto, fuorchè la sua dignità”. La professione è, credo, ormai al punto più basso. Peggio non può andare. Siamo in troppi in un mercato in enorme difficoltà con regole di concorrenza estremamente liberiste. Il futuro della professione è certamente nella sostenibilità, nella difesa dell’ambiente, nel costruire responsabilmente una casa per tutti, nell’intervenire su una disastrata edilizia scolastica, nell’antisismica, se queste fossero le priorità che la politica mette al centro del suo agire. Non mi pare lo abbia fatto, lo stia facendo o lo abbia in programma. Ciò nonostante, proprio perché siamo al punto più basso, credo ci siano, nelle persone e nelle idee, tutti gli elementi per una ripresa che potrebbe esserci solo se la politica non la ostacola.

-Le elezioni sono ormai alle porte, ma il tema della tutela del territorio sembra assente dal dibattito politico. Quali dovrebbero essere, a suo avviso, le prime misure che il nuovo governo dovrebbe adottare per cercare di fermare il degrado del nostro ambiente costruito e per estendere a livello nazionale il modello virtuoso del Trentino?


Una seria riforma del governo del territorio che parta da una legge che limiti fortemente le operazioni speculative sui terreni e sugli immobili, rendendo la rendita assolutamente marginale nel processo di costruzione. Ed una riforma del codice degli appalti che escluda le gare al massimo ribasso favorendo in via generalizzata i concorsi di progettazione.

-Si parla spesso, utilizzando un termine ormai abusato, di social housing, un modello costruttivo dove il legno potrebbe svolgere un ruolo da protagonista, eppure, nella pratica, l’edilizia sociale sembra confinata a pochi esempi. Come si potrebbe sviluppare un vero e proprio piano di edilizia agevolata a tutela delle fasce più deboli, minacciate dalla crisi economica, e dell’ambiente?

Diffido delle definizioni in inglese. Spesso nascondono un retropalco assolutamente vuoto. L’edilizia sociale vive in Italia ed in Trentino un periodo gramo. Tutti ne parlano, ma nulla si muove. È indispensabile che partano progetti speciali per l’edilizia sociale che, oltre ad individuare le aree, consentano anche di sviluppare l’edilizia cooperativa che è sempre più ristretta fra i tentacoli della rendita. Gli strumenti ci sono: le società di trasformazione urbana, i programmi integrati di intervento, ecc. Ciò che manca è la volontà politica di affrontare una, sempre presente, questione delle abitazioni soprattutto per le fasce più deboli, ma anche per un ceto medio che si sta impoverendo. Senza questa volontà continueremo a parlare di “social housing” perché è di moda e lava la coscienza. Ma, come cantava Giorgio Gaber, “quando è moda… è moda”.

LINK
www.bortolotti-pallaver.it