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Anci chiede 60 miliardi per la prevenzione nei centri storici

Sicurezza e Sistemi di Protezione di
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Occhiuto: “La cifra non è poi così alta se si pensa che solo per la ricostruzione dopo il sisma nel centro Italia i costi stimati equivalgono a più di 23 miliardi”

Un fondo nazionale di 60 miliardi per la messa in sicurezza antisismica degli edifici storici, accompagnato da un piano decennale di interventi. È la proposta lanciata dall’Anci, sulla base di un dettagliato documento del delegato all’urbanistica e sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto.
Gli interventi di prevenzione sismica sono interventi produttivi - sostiene Occhiuto - e non lo diciamo solo noi sindaci, ma anche alcuni dei più autorevoli esperti in materia di protezione civile. La cifra necessaria per un primo e consistente intervento, ovvero 60 miliardi, non è poi così alta se si pensa che solo per la ricostruzione dopo il sisma nel centro Italia i costi stimati equivalgono a più di 23 miliardi”.

Nel documento, Occhiuto ricorda che “secondo le stime più accreditate sarebbero necessari 200 miliardi per mettere completamente in sicurezza i sette milioni di abitazioni, quindi anche gli edifici privati, nelle zone sismiche più pericolose”. Al contempo, spiega ancora Occhiuto, “per ridurre in modo sensibile i rischi di crolli non serve la messa in sicurezza a livelli massimi. Anzi, secondo il Consiglio superiore dei lavori pubblici sarebbe sconsigliabile ed economicamente insostenibile. Sarebbe invece sufficiente, in una prima fase, un generalizzato intervento di 'rafforzamento locale’: si tratta della prima fase dell’adeguamento sismico, ne rappresenta il 30%, ma anche la parte più importante per evitare crolli e perdite di vite umane”. Da qui il calcolo di 60 miliardi per questa prima parte dell’operazione, che Occhiuto nel documento descrive poi nel dettaglio degli interventi da realizzare e delle tempistiche.

Il delegato Anci sottolinea che si tratta di un piano finalizzato al risparmio di vite umane, innanzitutto. Ma come se non bastasse, i benefici sarebbero comunque molteplici: “La tutela e la manutenzione del nostro inestimabile patrimonio storico-architettonico, il risparmio rispetto alle ricostruzioni post-terremoto, la rinnovata attrattività dei nostri borghi, il risparmio di suolo per nuove soluzioni abitative, il rafforzamento delle identità locali e l’inevitabile attrattività anche per gli investimenti da parte dei privati, che farebbero da volano alla definitiva messa in sicurezza degli edifici in chiave anti-sismica e ai massimi livelli”.

Per realizzare tutto questo, però, “sono necessarie anche norme che semplifichino l’azione dei Comuni: la realizzazione del piano sarebbe affidata proprio alle amministrazioni comunali - spiega ancora Occhiuto - che dovrebbero avere come minimo la possibilità di intervenire anche su edifici privati in nome dell’interesse maggiore relativo alla pubblica incolumità e alla conservazione del nostro patrimonio storico”. Infine, rispetto all’azione delle Soprintendenze, Occhiuto invoca una riforma che “ne ridefinisca il ruolo e ne adegui organico e dotazioni: serve un’azione di tutela attiva del patrimonio, all’interno della quale le Soprintendenze facciano la loro parte, al fianco dei Comuni e non contro di essi, conclude Occhiuto.