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Dal Cipu il documento strategico sugli indirizzi per una politica nazionale per le città

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Il documento strategico potrebbe costituire una traccia di metodo e di contenuto sulle priorità in tema di una possibile Agenda Urbana da presentare al nuovo governo


Il 23 gennaio scorso si è insediato il Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane (CIPU) previsto dall’articolo 12 bis della Legge 134/2012 (di conversione del DL 83/2012). A conclusione del primo incontro è stato chiesto ai Ministri e ai rappresentanti delle Regioni, delle Province e dei Comuni, un documento di riflessioni “politiche e tecniche” sulla strategia che ha mosso nell’ultimo anno la rispettiva azione, in un contesto caratterizzato dalla diversa dimensione urbana (aree metropolitane, grandi e medie città e sistemi di comuni delle aree interne), dalla specificità del Mezzogiorno e dalla problematica delle Aree interne.
 
Il Cipu si è quindi nuovamente riunito nei giorni scorsi e, in tale occasione, il coordinatore Fabrizio Barca, ha ufficialmente divulgato il documento che restituisce la sintesi dei contributi (dei ministeri partecipanti Regioni, Province e Anci) pervenuti. Come sottolineato dallo stesso ministro Barca il documento strategico potrebbe costituire una traccia di metodo e di contenuto sulle priorità in tema di una possibile Agenda Urbana da presentare al nuovo governo.

I contributi (predisposti dalle diverse istituzioni che formano il Cipu) investono più aree tematiche (welfare, istruzione; mobilità; riqualificazione urbana, sicurezza e ordine pubblico, turismo; finanza locale; governance) e per ognuna delle quali vengono indicate le aree critiche e le priorità da mettere in atto all’interno di una visione strategica e di sviluppo territoriale che sia il più possibile condivisa.
 
Il documento del Cipu dedica ampio spazio ali aspetti legati alla riqualificazione urbana e allo sviluppo delle città nella premessa che “la sfida principale che si presenta per la politica delle città è determinata dalla necessità di promuovere una inversione di tendenza del rapporto espansione/riqualificazione. Necessità molto spesso denunciata, ma che ha stentato ad affermarsi nei fatti concreti. Perché questo possa avvenire, è necessario rendere vantaggioso, per gli addetti ai lavori (costruttori e gli altri operatori del settore) e per i cittadini investire, anche con vantaggi finanziari, sulle politiche di mantenimento e miglioramento della città costruita, piuttosto che sulla realizzazione di nuove edificazioni
 
Tra le azioni da porre in essere come prioritarie il documento indica, in via esemplificativa:
- la gestione del patrimonio edilizio pubblico e privato attraverso politiche tendenti all’ottimizzazione del suo uso;
- l’incentivazione dell’edilizia di sostituzione;
- politiche di miglioramento della qualità edilizia, tenuto conto dell’epoca di costruzione e dei materiali impiegati, soprattutto con riferimento all’immediato periodo post bellico.

Nell’ottica del conseguimento di tali azioni nel documento si ipotizza di incentivare gli interventi di ristrutturazionecon le stesse modalità previste dal Dl 22 giugno 2012 n. 83, che prevede che fino al 30 giugno 2013, la percentuale del 36% per le ristrutturazioni aumenta al 50% e l’importo massimo di spesa per ogni unità abitativa sale da 48.000 a 96.000 euro. Un’attenta riflessione potrebbe essere sviluppata, inoltre, con riferimento al rapporto tra miglioramento della qualità del patrimonio edilizio e conseguente riduzione dell’ammontare dei premi assicurativi in essere, che potrebbe essere destinato ad abbattere in parte il costo degli interventi”.

Il documento, partendo dalla constatazione dell’attuale crisi dell’urbanistica e della sua incapacità di dare risposte convincenti alla necessità di modernizzazione della città, concentra poi le sue riflessioni sull’opportunità di elaborare una legge nazionale di governo del territorio. "La legge è importante non solo per l’espansione (oramai recessiva), ma soprattutto per il riuso e il recupero del costruito all’interno dell’abitato.

In questa stessa logica, un’altra evidente necessità da affrontare è la disciplina dei rapporti tra i piani settoriali, deputati a interessi differenziati (soprattutto piano paesaggistico e piano di bacino), ed i piani propriamente urbanistici, di carattere generale, che si sovrappongono senza una chiara gerarchia e senza una precisa distinzione dell’oggetto (es.: il piano paesaggistico disciplina anche le zone degradate e il piano regolatore può tutelare anche il paesaggio).

La riqualificazione urbana va affrontata con un approccio attento anche alla gestione sociale delle politiche abitative, attraverso l’incentivazione dell’edilizia sociale che dovrà essere articolata in relazione ai diversificati fabbisogni espressi dalla popolazione”.

In questa direzione si ipotizza “un programma di ristrutturazione e riconversione del patrimonio pubblico obsoleto e non utilizzato, realizzato in chiave di miglioramento delle complessive prestazioni (funzionali, energetiche, statiche) dell’edificio, che consentirebbe di immettere sul mercato un’offerta alloggiativa, adeguata agli standard attuali, sotto il profilo tipologico-edilizio,energetico e a basso costo di gestione, funzionale ai bisogni della domanda sociale. Le suddette necessità impongono di verificare la fattibilità di rapportarsi con il settore privato e con le banche per implementare diverse e nuove modalità di finanziamento (formule di microcredito, garanzie per la morosità, accompagnamento finanziario per interventi di rigenerazione urbana)”.

Nelle proposte conclusive si afferma come sia necessario, per rendere le città italiane più vivibili e competitive, “dare sistematicità agli interventi di manutenzione e riqualificazione urbana. A questo fine devono essere individuate non soltanto partite finanziare da investire ma anche procedure più tempestive ed efficaci rispetto a quelle attualmente definite per gli investimenti infrastrutturali in sede CIPE, senza, però, cadere nell’eccezionalità e nella elusione delle garanzie, attraverso procedure derogatorie che non hanno mai dato buona prova di sé in un Paese che ha un significativo deficit di etica pubblica”.

La qualità urbana rappresenta un campo di intervento vasto, che necessita di un approccio integrato che tenga conto dei molteplici aspetti che la caratterizzano quali l’ambiente, la società, l’economia”.

E’ quanto mai necessario, prosegue infine il documento, che venga impostata, a livello centrale, una politica ordinaria delle città a cui debbono partecipare e contribuire, sotto il coordinamento della Presidenza del Consiglio, le Amministrazioni centrali dello Stato impostando, ognuna per quanto di competenza, una propria capacità di intervento nei comparti che producono servizi essenziali, quali salute e scuola, ma anche servizi sociali, di trasporto, ricreativi, di innovazione e ricerca, di sviluppo di impresa, di manutenzione del territorio, ecc., che si affianchino alle possibili azioni pubbliche aggiuntive da finanziare con i fondi comunitari 2014-2020”.