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Elenchi ministeriali per i designer? Ecco cosa ne pensano i periti

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Secondo il Ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, questi soggetti non avrebbero un albo professionale di riferimento nel quale poter trovare un’adeguata collocazione

Il Ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, ha parlato della possibilità di istituire un “elenco ministeriale” che possa ospitare i soggetti con laurea triennale o quinquennale in design. Ma cosa ne pensa chi è direttamente coinvolto? Scopriamo qual è il parere del Collegio nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali, che ha inviato a Bonisoli una lettera.

Va sottolineato innanzitutto che l’idea del Ministro non è quella di dar vita a un vero e proprio albo perché, dice Alberto Bonisoli, “imporrebbe costi e esclusività, ma di creare appositi elenchi che possano dare così visibilità alla professione”, visto che, secondo le dichiarazioni, questi soggetti non avrebbero un albo professionale di riferimento nel quale poter trovare un’adeguata collocazione.

La realtà, secondo iPeriti, non è proprio questa. Sono quasi vent’anni infatti, che le norme hanno previsto per laureati in design la possibilità di iscriversi all’ordine dei Periti Industriali e Periti Industriali laureati, con le relative competenze professionali. Un principio ora ancor più valido, considerando che dal 2021, ai sensi della legge 89/2016, nell’albo di categoria potranno avere accesso solo i soggetti con laurea almeno triennale.

La conferma di tutto ciò arriva anche dal Ministero della Giustizia (Dicastero vigilante per le professioni regolamentate), che con il decreto n. 68 del 15 aprile 2016, contenente il “Regolamento di cui all’articolo 24 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, in materia di misure compensative per l’esercizio della professione di Perito industriale e Perito industriale laureato”, ha previsto per il professionista comunitario che voglia lavorare in Italia la possibilità di richiedere (come già avvenuto) l’accesso all’albo dei Periti Industriali anche nella specializzazione in design, cioè in una delle sette aree che caratterizzano già ora la professione.

L’iscrizione di un laureato in design all’albo (dopo il superamento dell’esame di abilitazione) garantisce così la possibilità di spendersi in un mercato legato al design del prodotto e della comunicazione, con competenze che solo l’iscrizione ad un albo professionale può offrire e che restano collegate agli obblighi posti a garanzia della collettività (la formazione continua, l’assicurazione R.C. professionale e il rispetto di un codice deontologico).

Le conclusioni del Collegio dei Periti

Per tutte queste ragioni la professione di designer è una professione regolamentata dallo Stato e, come tale va considerata quale attività professionale a competenze specifiche e riservate, ex art. 2229 cod. civ. alla professione del Perito Industriale area design. Ecco perchè secondo il Consiglio nazionale è ancora più illogico avviare, come ha fatto l’Uni (l’Ente italiano di normazione), un’inchiesta pubblica sulla professione includendola tra le attività soggette a quel tipo di regolamentazione, al pari delle professioni non regolamentate ex Legge 4/2013.

 “Continuare a perpetuare azioni di questo tipo, così come creare un apposito elenco - ha commentato Giovanni Esposito, consigliere Cnpi con delega alla materia - rischia, non solo di creare inutili sovrapposizioni, ma soprattutto di generare confusione rispetto a un’utenza che cerca profili sempre più specializzati e che, in questo modo, farebbe fatica a identificare il professionista più adeguato e qualificato alle proprie necessità.

Proprio alla luce di tutto questo, chiediamo al Ministro Bonisoli un sollecito incontro per approfondire il tema, contribuire alla corretta riconoscibilità della professione e collaborare, come sempre, con la Pubblica Amministrazione per il bene comune del Paese”.