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Energie rinnovabili: cosa frena la loro diffusione?

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Energie rinnovabili: cosa frena la loro diffusione?
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Un report di Legambiente mette in luce i ritardi, le lungaggini autorizzative e i contenziosi che ostacolano lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia

Perché la diffusione delle energie rinnovabili, decisiva nella transizione ecologica, stenta a decollare nel nostro Paese? È la domanda a cui risponde un report di Legambiente. Vediamo insieme cosa emerge.

A frenare lo sviluppo delle rinnovabili ci sono una normativa vecchia e inadeguata ferma al 2010, ritardi, lungaggini autorizzative e contenziosi. Al 17 gennaio 2024 sono 1.376 i progetti di rinnovabili in lista d’attesa ancora in fase di valutazione, un dato che dà l’idea di un grande fermento da parte delle imprese, ma che non trova ad oggi riscontro nelle autorizzazioni rilasciate, vista la lentezza legata alle procedure.

Secondo i dati di Terna, le installazioni per il 2023, complessivamente, sono state appena 5.677 MW, di cui 5.234 MW di solare fotovoltaico, 487 MW di impianti eolici e 42 MW tra geotermia e biomasse, per complessivi 374.136 impianti. Numeri che portano la potenza complessiva delle fonti rinnovabili a 66.194 MW, in grado di coprire il 37% dei consumi complessivi, ma allo stesso tempo totalmente insufficienti per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030, che richiederebbero, stando allo studio commissionato ad ECCO da Legambiente, Greenpeace e WWF, di almeno 90 GW di nuove installazioni, pari quasi 13 GW di nuova potenza annuale dal 2023 al 2030.

Energie rinnovabili: i dati messi in luce dal report di Legambiente

Il report “Scacco Matto alle rinnovabili 2024” evidenzia anche la scarsità dei grandi impianti realizzati nel 2023: infatti, secondo i dati di Elettricità Futura, dei 487 MW di eolico, l’85% degli impianti ha una taglia superiore ai 10 MW, ma dei 5.234 MW di fotovoltaico, il 38% degli impianti ha una potenza inferiore ai 12 kW, e il 78% è sotto il MW. Numeri troppo bassi per affrontare la decarbonizzazione del sistema elettrico e dei sistemi produttivi del Paese.

Sul fronte comunità energetiche (CER), ad oggi sono solo 154 le forme di energia condivisa realizzate in Italia, tra comunità energetiche rinnovabili e configurazioni di autoconsumo collettivo. Sulle 67 realizzate a fine 2023, Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige sono le regioni con il più alto numero di configurazioni. Numeri importanti, considerando i ritardi burocratici e normativi, ma che avrebbero potuto essere molto più alti, ossia almeno 400, stando alle stime realizzate grazie al contributo di diverse realtà: AESS, Caritas, Become, il programma NextAppenino, AzzeroCO2, è nostra, Legacoop, Enel X, il Comune di Roma, La Sapienza, Regalgrid, Fondazione con il Sud, Banco dell’Energia.

Ad oggi sono soprattutto le Regioni e le Soprintendenze che continuano a frenare la transizione ecologica: lo avevamo denunciato tre anni fa, ma da allora nulla è cambiato. Chiediamo ai ministri dell’Ambiente, delle Imprese e del Made in Italy e della Cultura di avviare un lavoro congiunto per arrivare alla pubblicazione di un Testo Unico che semplifichi gli iter autorizzativi degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. In questa partita è importante anche la partecipazione e il confronto con i territori che sono i veri protagonisti di un sistema distribuito e diffuso e per questo non possono essere lasciati fuori.