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Jobs act: le osservazioni di Confprofessioni ai recenti decreti attuativi varati dal Governo

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Stella: “I provvedimenti del Governo hanno accolto buona parte delle nostre osservazioni e in linea generale favoriscono una razionalizzazione della materia”


Giudizio sostanzialmente positivo, anche se permangono alcune rigidità nella disciplina degli ammortizzatori sociali e nell'ambito del nuovo Fondo di integrazione salariale non è escluso il rischio di un aumento del costo del lavoro”. Così il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha commentato il via libera definitivo agli ultimi decreti attuativi del Jobs Act adottati dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 giugno.

I recenti provvedimenti del governo hanno accolto una buona parte delle osservazioni proposte da Confprofessioni in sede di audizione presso le commissioni Lavoro di Camera e Senato - sottolinea Stella - e in linea generale favoriscono una razionalizzazione della materia soprattutto sulla disciplina organica dei contratti di lavoro e sulla revisione della normativa in tema di mansioni, così come sulle misure per la conciliazione delle esigenze di cura, vita e di lavoro”.

Entrando nello specifico, è stato espunto dal decreto sul riordino dei contratti il riferimento alla ripetitività della prestazione quale indice di subordinazione, che secondo Confprofessioni appariva generico, ambiguo e foriero di contenzioso giuridico. “Come da nostra richiesta - aggiunge Stella - è stato inoltre innalzato il limite per il ricorso alla somministrazione a tempo indeterminato (il cosiddetto staff leasing) al 20% del personale assunto a tempo indeterminato”.

Nell'ambito dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, è positivo l’accorpamento in unico testo di tutte le frammentarie normative riguardanti gli ammortizzatorisociali in costanza di rapporto di lavoro previsti dal nostro ordinamento. Tuttavia, non mancano alcuni aspetti criticabili. ”In primo luogo, sarebbe stato più opportuno far decorrere le novità dal 2016, prevedendo un periodo transitorio, considerando che il Dlgs rimanda l’attuazione di alcuni istituti a successivi Dm. - Continua Stella - Inoltre, i termini presentazione delle domande alla cassa integrazione sono stati contingentati in modo eccessivo: per la CIGO entro 15 giorni dalla sospensione, rispetto agli attuali 25 giorni successivi al periodo di paga in corso al momento della sospensione/riduzione; per la CIGS solo 7 giorni. Addirittura per questo istituto la sospensione/riduzione può essere effettuata solo dopo che siano decorsi 30 giorni dalla data della presentazione della domanda”.

Più ombre che luci, invece, sono contenute nella disciplina del fondi di solidarietà residuale vigente, sostituiti dal nuovo Fondo di integrazione salariale. Secondo Stella, il provvedimento prevede l’erogazione delle prestazioni solo dal luglio 2016, lasciando di fatto i datori di lavoro e i lavoratori senza coperture per sei mesi; mentre l’ampliamento della platea dei destinatari del nuovo fondo ai datori sopra i cinque dipendenti (che coinvolge la maggior parte degli studi professionali), nonostante la garanzia di maggiori tutele, rischia di essere interpretata come un mero aumento del costo del lavoro.

Altro tema al vaglio del Consiglio dei Ministri è stata la riforma in materia di servizi per l’impiego, politiche attive del mercato del lavoro e ammortizzatori sociali, che prevede, tra le altre misure, l’istituzione di un’unica Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), partecipata da Stato, Regioni e province autonome e vigilata dal ministero del Lavoro. “L'obiettivo di garantire livelli omogenei di politiche attive su tutto il territorio nazionale punta a migliorare un sistema decentrato che non ha raggiunto i suoi obiettivi. Con la nuova Anpal si delinea una sola agenzia che ingloberebbe in sé gli attuali Centri per l’impiego, le Agenzia per il lavoro, le strutture regionali per le politiche attive. - Conclude Stella - La centralizzazione, però, rischia di porsi in controtendenza con le scelte di decentramento poste in essere anche in altri paesi europei e potrebbe, di fatto, ostacolare l’effettivo godimento dei servizi da parte dei cittadini”.