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Anche gli architetti criticano le modifiche apportate al Sisma Bonus

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Cappochin: “La generica estensione di competenze è molto poco chiara e causerà sicuramente controversie e contenziosi che saranno di intralcio alle attività di ricostruzione”

Una volta di più saranno i cittadini delle regioni colpite dal sisma a pagare le conseguenze delle modifiche apportate al 'Sisma Bonus' relativo alla classificazione del rischio sismico delle costruzioni, nonché alle modalità per l'attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi effettuati. La scomparsa del riferimento ai titoli di studio in ingegneria o architettura necessari per esercitare queste prestazioni e di una chiara definizione delle professionalità deputate a volgerle, lasciano spazio ad una generica estensione di competenze molto poco chiara e che causerà sicuramente controversie e contenziosi, che saranno di intralcio alle attività di ricostruzione”. Così Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori.

“Stupisce - continua - come non si tenga in alcun conto del “principio regolatore” che deve sempre sovrintendere all’esercizio delle competenze dei vari Ordini professionali e che, in ambito sismico, come si legge nel Parere del Consiglio di Stato 2539/2015 del 4.9.2015, viene ribadito essere ispirato al pubblico e preminente interesse rivolto alla tutela della pubblica incolumità’”.

Migliorare la sicurezza statica o adeguare alla normativa vigente gli edifici esistenti in zona sismica richiede necessariamente valutazioni complesse sulle strutture e sulla loro risposta alle azioni sismiche, valutazioni che solo chi possiede adeguate competenze e professionalità, come architetti ed ingegneri, può effettuare”.

E’ quindi improcrastinabile varare una nuova e specifica normativa, precisando quali attività relative al 'Sisma Bonus' rientrino nelle competenze delle rispettive categorie professionali per non lasciare adito a fraintendimenti e dare spazio a dubbi interpretativi”.

“Sia chiaro -  conclude il Presidente degli architetti italiani - che questa posizione non è espressione di una chiusura corporativa, ma è una diretta assunzione di responsabilità nei confronti dei cittadini colpiti dal terremoto,  che guardano alla ricostruzione come ad un fondamentale momento di ripartenza,  e un preciso dovere di tutela dell’interesse pubblico”.