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Chiariti dal TAR Lombardia i presupposti per gli interventi di riqualificazione

Edilizia di
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La sentenza, commentata dall’Ance, riguarda in particolare la dismissione degli edifici non residenziali e la modifica della destinazione d’uso e della sagoma


Con sentenza del 30 maggio 2013, n. 1417 il Tar Lombardia ha fornito dei chiarimenti in merito ad alcune previsioni contenute nel Decreto Legge 70/2011 convertito in legge 106/2011.
 
Si ricorda che il Dl 70/2011 ha delineato i contenuti di una normativa a regime finalizzata ad un concreto processo di rigenerazione urbana.
 
In particolare, il comma 9 dell’art. 5 disciplina la possibilità di razionalizzare il patrimonio esistente e di riqualificare aree urbane degradate, tessuti edilizi disorganici, strutture edilizie non residenziali dismesse o in via di dismissione anche con interventi di demolizione e ricostruzione.
 
Al fine di agevolare questi interventi il decreto prevede: il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva; la delocalizzazione delle relative volumetrie in altra area o aree diverse; l’ammissibilità delle modifiche di destinazione d’uso, purchè si tratti di destinazioni tra loro compatibili e complementari; le modifiche della sagoma necessarie per l’armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi.
 
Il Tar Lombardia, chiamato a decidere sull’illegittimità del silenzio inadempimento serbato dall’amministrazione comunale in merito alla richiesta di adozione di provvedimenti inibitori di una denuncia di inizio attività presentata ai sensi del citato decreto legge, ha dichiarato inammissibili e infondate le censure sollevate dai ricorrenti relative ad un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio destinato ad autorimessa con modifica della destinazione d’uso a residenza e modifica della sagoma.
 
Secondo il tribunale l’intervento rientrava nell’ambito di applicazione della normativa statale in quanto l’autorimessa era in “via di dismissione”. Tale previsione deve essere interpretata nel senso che il Dl 70/2011 consente gli interventi di demolizione e ricostruzione su edifici non ancora dismessi, ma sulla base “della sola intenzione di cessarne l’uso”.
 
E’ stato, poi, evidenziato che i parametri di riferimento per valutare la “compatibilità e complementarietà” nella modifica di destinazione d’uso sono le destinazioni d’uso ammesse dallo strumento urbanistico e non la destinazione originaria del fabbricato in quanto più aderente “alla ratio espressa dalla norma che è quella di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente e di superare la presenza di funzioni eterogenee e di tessuti edilizi disorganici”.
 
Con riferimento, invece, alla modifica della sagoma il Tar ha sottolineato che la norma statale non pone un obbligo di armonizzazione con il fabbricato preesistente ma con gli organismi edilizi esistenti. E’, quindi, stato ritenuto legittima la circostanza che l’edificio oggetto di denuncia di inizio attività fosse totalmente diverso da quello preesistente.