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Codice Appalti: le perplessità delle imprese sulla riforma

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Codice Appalti: le perplessità delle imprese sulla riforma
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FINCO è molto critica su alcune misure presenti nel testo del Codice Appalti, in materia di subappalto e non solo. Leggiamo la posizione della Federazione

La riforma del Codice Appalti sta facendo discutere e genera parecchie perplessità. Sentiamo la voce di FINCO, Federazione Industrie Prodotti, Impianti, Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni e la Manutenzione che raggruppa 40 associazioni per un totale di oltre 15.000 imprese.

La Federazione è stata audita dalle Commissioni congiunte Affari Costituzionali e Ambiente della Camera dei Deputati sul Decreto 77/2021 cd. “Semplificazioni” e nel corso della Consulta prevista dal Ministro Giovannini sul PNRR. Ha ribadito la massima perplessità su alcune misure che sono presenti nel testo di detto provvedimento: in particolare l’eliminazione delle percentuali massime di subappalto anche in caso di lavorazioni super specialistiche e del ribasso massimo tra appalto e subappalto.

“Se si cede nella sostanza al concetto del “Contraente generale” anche in assenza di un vero General Contractor - afferma la Presidente FINCO, Carla Tomasi - che distribuisce a suo piacimento i lavori ai subappaltatori con ribassi inaccettabili (visto che anche il tetto al ribasso massimo attualmente previsto al 20% tra il prezzo di aggiudicazione dell’appaltatore e quanto corrisposto al subappaltatore è stato eliminato), selezionandoli non certo su requisiti di qualità quanto di risparmio, si costringono le imprese subappaltatrici, anche quelle superspecialistiche, ad operare al massimo ribasso con un conseguente abbattimento del livello qualitativo delle imprese, strozzate da un mercato selvaggio, ad esclusivo beneficio dell’impresa generale. Non piangiamo poi lacrime di coccodrillo se gli effetti di queste scelte si tradurranno in una scarsa qualità delle opere ed altrettanto scarsa sicurezza”.

Le altre criticità contenute nella riforma

Un altro aspetto critico è il richiamo perentorio all’utilizzo di determinati CCNL. FINCO è ovviamente contraria al dumping “contrattuale”, ma è assolutamente favorevole a preservare le specificità tecniche ed operative, e quindi anche contrattuali, delle singole specialità.

“Ma soprattutto, se è vero come è vero che la maggiore criticità dell’appalto nasce dalla stazione appaltante, la soluzione paradossale proposta è superare il problema delegando totalmente l’opera all’impresa appaltatrice?”, si chiede la Presidente Tomasi.

“Se lo Stato non ha la forza di ristrutturare e qualificare le stazioni appaltanti, qualcuno pensa che si possa risolvere il problema affidando gli appalti ad imprese operanti con massimo ribasso, procedure di affidamento, che limitano la concorrenza, con subappalto senza regole, a cui si aggiungono tempi di pagamento sempre troppo lunghi ed ora anche una responsabilità solidale in relazione ad un subappalto senza limiti e senza controlli?”.

“Con tali presupposti la qualità delle opere, la sicurezza degli operatori, la qualificazione delle imprese stesse sarà destinata ad un inevitabile declino e non è questa la giusta prospettiva per rilanciare la Nazione”, conclude Carla Tomasi.

Un discorso a parte dovrebbe poi essere fatto per i Beni Culturali, il cui settore, a parere FINCO, dovrebbe uscire dal Codice degli Appalti.

Infine il Direttore Generale FINCO, Dott. Angelo Artale, ha rilevato la necessità di non continuare a considerare la rappresentanza secondo parametri quali l’appartenenza al CNEL. In base a tale superata impostazione a molte Associazioni e Federazioni sarebbe preclusa ad esempio la possibilità di effettuare l’Interpello Ambientale Collettivo di cui all’art.27 del decreto in questione.