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Gli Architetti fanno il punto sull’affidamento diretto dei servizi di progettazione

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Il Consiglio Nazionale evidenzia come siano stati chiariti i limiti nel Codice dei Contratti. Restano però perplessità sui requisiti per la partecipazione alle gare


Grazie ad un parere dell'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici - richiesto dal Consiglio Nazionale degli Architetti - è stato superato ogni dubbio sulla soglia degli affidamenti diretti dei servizi di architettura e di ingegneria. Il Decreto sviluppo (D.L. n°70/2011) aveva modificato il codice dei contratti elevando la soglia degli "affidamenti fiduciari" da 20.000 a 40.000 euro, ma non aveva modificato il Regolamento (DPR 207/2010), che lasciava inalterata la precedente soglia dei 20.000 euro soltanto per i servizi di architettura e ingegneria.  

L'Autorità di Vigilanza - spiega Rino La Mendola, Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti e Presidente del Dipartimento Lavori Pubblici -, con parere n° 0114636 dello scorso 16 novembre, ha sancito che la norma di rango primario (il codice dei contratti) prevale sul Regolamento (DPR 207/2010), confermando quindi che il limite entro cui le amministrazioni pubbliche possono affidare incarichi fiduciari è di 40.000 euro".

Sempre nell'ambito dei lavori pubblici, il Consiglio Nazionale sta anche lavorando per formulare una serie di proposte di modifiche al codice dei contratti al fine di rilanciare un settore in sofferenza anche a causa di una  progressiva involuzione legislativa, che,  di fatto, sbarra la strada  delle  commesse pubbliche  gli studi professionali medio-piccoli e soprattutto ai giovani.  

"Una delle modifiche più importanti - dice ancora La Mendola - riguarda l'articolo 263 del regolamento sui lavori pubblici che, definendo i requisiti per la partecipazione alle gare ordinarie per l'affidamento di servizi di architettura e ingegneria, oltre a fissare fatturati minimi e prestazioni analoghe già svolte, impone che il professionista, nei tre anni precedenti l'affidamento, deve aver fruito della collaborazione di dipendenti o consulenti  'in  una misura variabile  tra due e tre volte le unità stimate nel bando per lo svolgimento dell'incarico'".

La Mendola spiega che ciò significa che, se in un bando, il RUP (Responsabile Unico del Procedimento) della stazione appaltante per la prestazione del servizio stima 5 unità, per partecipare alla gara, il professionista dovrà dimostrare di avere fruito, nei tre anni precedenti, della collaborazione da 10 a 15 dipendenti  o consulenti, "... che abbiano fatturato nei confronti della società offerente una quota superiore al cinquanta per cento del proprio fatturato annuo...".

"Queste condizioni sono  inaccettabili - sottolinea ancora il vicepresidente del Consiglio Nazionale - poiché  tagliano fuori dal mercato delle commesse pubbliche gli studi professionali medio-piccoli ed addirittura le piccole società di ingegneria e, soprattutto,  i giovani. Condizioni che impongono modifiche immediate della normativa di settore".

Su questo e su altri argomenti, il Consiglio nazionale sta predisponendo un documento attraverso il quale presto si confronterà con i rappresentanti delle altre categorie professionali, al fine di proporre al  governo una serie di emendamenti al codice dei contratti ed al Regolamento (DPR 207/2010), finalizzati a  rilanciare il settore dei lavori, aprendo il mercato anche agli studi medio piccoli e soprattutto ai giovani.